Prima del 1948, vari standard di intensità luminosa erano in uso in diversi paesi. Questi erano tipicamente basati sulla luminosità della fiamma di una “candela standard” di composizione definita, o la luminosità di un filamento incandescente di design specifico. Uno dei più noti era lo standard inglese di potenza della candela. Una potenza di candela era la luce prodotta da una candela di puro spermaceti che pesava un sesto di libbra e bruciava al ritmo di 120 grani all’ora. La Germania, l’Austria e la Scandinavia usavano l’Hefnerkerze, un’unità basata sulla potenza di una lampada Hefner.
Divenne chiaro che un’unità meglio definita era necessaria. Jules Violle aveva proposto uno standard basato sulla luce emessa da 1 cm2 di platino al suo punto di fusione (o di congelamento), chiamandolo Violle. L’intensità della luce era dovuta all’effetto radiatore di Planck (un corpo nero), ed era quindi indipendente dalla costruzione del dispositivo. Questo rendeva facile per chiunque misurare lo standard, dato che il platino ad alta purezza era ampiamente disponibile e facilmente preparabile.
La Commission Internationale de l’Éclairage (Commissione Internazionale dell’Illuminazione) e la CIPM proposero una “nuova candela” basata su questo concetto di base. Tuttavia, il valore della nuova unità è stato scelto per renderlo simile alla precedente unità candela dividendo la Violle per 60. La decisione fu promulgata dal CIPM nel 1946:
Il valore della nuova candela è tale che la luminosità del radiatore pieno alla temperatura di solidificazione del platino è di 60 nuove candele per centimetro quadrato.
Fu poi ratificato nel 1948 dal 9° CGPM che adottò un nuovo nome per questa unità, la candela. Nel 1967 il 13° CGPM eliminò il termine “candela nuova” e diede una versione modificata della definizione di candela, specificando la pressione atmosferica applicata al platino congelato:
La candela è l’intensità luminosa, in direzione perpendicolare, di una superficie di 1 / 600 000 metri quadrati di un corpo nero alla temperatura del platino congelato sotto una pressione di 101 325 newton per metro quadro.
Nel 1979, a causa delle difficoltà di realizzare un radiatore di Planck ad alte temperature e delle nuove possibilità offerte dalla radiometria, il 16° CGPM adottò una nuova definizione di candela:
La candela è l’intensità luminosa, in una data direzione, di una sorgente che emette radiazione monocromatica di frequenza 540×1012 hertz e che ha un’intensità radiante in quella direzione di 1/683 watt per steradiante.
La definizione descrive come produrre una sorgente luminosa che (per definizione) emette una candela, ma non specifica la funzione di luminosità per pesare la radiazione ad altre frequenze. Una tale fonte potrebbe quindi essere utilizzata per calibrare strumenti progettati per misurare l’intensità luminosa con riferimento a una funzione di luminosità specificata. Un’appendice all’opuscolo SI chiarisce che la funzione di luminosità non è specificata in modo univoco, ma deve essere selezionata per definire completamente la candela.
Il termine arbitrario (1/683) è stato scelto in modo che la nuova definizione corrispondesse esattamente alla vecchia definizione. Anche se la candela è ora definita in termini di secondo (un’unità di base SI) e il watt (un’unità SI derivata), la candela rimane un’unità di base del sistema SI, per definizione.
Il 26° CGPM ha approvato la definizione moderna della candela nel 2018 come parte della ridefinizione 2019 delle unità di base SI, che ha ridefinito le unità di base SI in termini di costanti fisiche fondamentali.