OriginiModifica
Anche se non è chiaro dove furono effettivamente fondati, vennero alla ribalta nel Regno di Napoli durante le guerre napoleoniche. Anche se alcuni documenti della società sostenevano che avesse origini nella Francia medievale, e che i suoi progenitori fossero sotto il patrocinio di Francesco I di Francia durante il XVI secolo, questa affermazione non può essere verificata da fonti esterne. Sebbene sia stata avanzata una pletora di teorie sulle origini dei Carbonari, l’organizzazione emerse molto probabilmente come una propaggine della Massoneria, come parte della diffusione delle idee liberali della Rivoluzione Francese. Essi divennero dapprima influenti nel Regno di Napoli (sotto il controllo di Gioacchino Murat) e nello Stato Pontificio, l’opposizione più resistente al Risorgimento.
Come una società segreta che era spesso bersaglio di soppressione da parte dei governi conservatori, i Carbonari operavano in gran parte in segreto. Il nome Carbonari identificava i membri come “carbonari” rurali; il luogo dove si riunivano era chiamato “Baracco”, i membri si chiamavano “buon cugino” mentre le persone che non appartenevano ai Carbonari erano “Pagani”. C’erano cerimonie speciali per iniziare i membri.
Lo scopo dei Carbonari era la creazione di una monarchia costituzionale o di una repubblica; volevano anche difendere i diritti della gente comune contro ogni forma di assolutismo. I Carbonari, per raggiungere il loro scopo, parlavano di fomentare rivolte armate.
I membri erano separati in due classi: apprendisti e maestri. C’erano due modi per diventare maestro: servendo come apprendista per almeno sei mesi o essendo già massone al momento dell’ingresso. I loro rituali di iniziazione erano strutturati intorno al mestiere del carbonaro, come il loro nome.
Nel 1814 i Carbonari volevano ottenere con la forza una costituzione per il Regno delle Due Sicilie. Il re borbonico, Ferdinando I delle Due Sicilie, si oppose a loro. Il bonapartista Gioacchino Murat aveva voluto creare un’Italia unita e indipendente. Nel 1815 Ferdinando I trovò il suo regno brulicante di loro. La società del Regno comprendeva nobili, ufficiali dell’esercito, piccoli proprietari terrieri, funzionari governativi, contadini e preti, con una piccola classe media urbana. La società era dominata dal Papato. Il 15 agosto 1814, i cardinali Ercole Consalvi e Bartolomeo Pacca emanarono un editto che proibiva a tutte le società segrete, di diventare membri di queste associazioni segrete, di partecipare alle loro riunioni, o di fornire un luogo di riunione per tali, sotto gravi pene.
Rivolte del 1820 e 1821Modifica
I carbonari sorsero dapprima durante la resistenza all’occupazione francese, in particolare sotto Gioacchino Murat, il re bonapartista di Napoli. Tuttavia, una volta terminate le guerre, divennero un’organizzazione nazionalista con una marcata tendenza anti-austriaca e furono strumentali nell’organizzare le rivoluzioni in Italia nel 1820-1821 e nel 1831.
La rivoluzione del 1820 iniziò a Napoli contro il re Ferdinando I. Rivolte, ispirate dagli eventi di Cadice, Spagna quello stesso anno, ebbero luogo a Napoli, bandendo obiettivi anti-assolutisti e chiedendo una costituzione liberale. Il 1º luglio, due ufficiali, Michele Morelli e Giuseppe Silvati (che avevano fatto parte dell’esercito di Murat sotto Guglielmo Pepe) marciarono verso la città di Nola in Campania alla testa dei loro reggimenti di cavalleria.
Preoccupato per le proteste, re Ferdinando accettò di concedere una nuova costituzione e l’adozione di un parlamento. La vittoria, anche se parziale, illusoria e apparente, suscitò molte speranze nella penisola e i cospiratori locali, guidati da Santore di Santarosa, marciarono verso Torino, capitale del Regno di Sardegna e il 12 marzo 1821 ottennero una monarchia costituzionale e riforme liberali come risultato delle azioni carbonare. Tuttavia, la Santa Alleanza non tollerava tali compromessi rivoluzionari e nel febbraio 1821 inviò un esercito che sconfisse gli insorti del sud in inferiorità numerica e mal equipaggiati. In Piemonte, il re Vittorio Emanuele I, indeciso sul da farsi, abdicò in favore del fratello Carlo Felice di Sardegna; ma Carlo Felice, più risoluto, invitò un intervento militare austriaco. L’8 aprile l’esercito asburgico sconfisse i ribelli, e i moti del 1820-1821, scatenati quasi interamente dai Carbonari, finirono per crollare.
Il 13 settembre 1821, papa Pio VII con la bolla Ecclesiam a Jesu Christo condannò i Carbonari come società segreta massonica, scomunicandone i membri.
Tra i principali capi dei Carbonari, Morelli e Silvati furono condannati a morte; Pepe andò in esilio; Federico Confalonieri, Silvio Pellico e Piero Maroncelli furono imprigionati.
I moti del 1831Modifica
I carbonari furono battuti ma non sconfitti; parteciparono alla rivoluzione del luglio 1830 che sostenne la politica liberale del re Luigi Filippo di Francia sulle ali della vittoria della rivolta di Parigi. I carbonari italiani presero le armi contro alcuni stati dell’Italia centrale e settentrionale, in particolare lo Stato Pontificio e Modena.
Ciro Menotti doveva prendere le redini dell’iniziativa, cercando di trovare l’appoggio del duca Francesco IV di Modena, che finse di rispondere positivamente in cambio della concessione del titolo di re d’Italia, ma il duca fece il doppio gioco e Menotti, praticamente disarmato, fu arrestato il giorno prima della data fissata per la rivolta. Francesco IV, su suggerimento dello statista austriaco Klemens von Metternich, lo aveva condannato a morte, insieme a molti altri tra gli alleati di Menotti. Questo fu l’ultimo grande sforzo del gruppo segreto.
DopoModifica
Nel 1820, i carbonari napoletani presero nuovamente le armi, per strappare una costituzione al re Ferdinando I. Avanzarono contro la capitale da Nola sotto un ufficiale militare e l’abate Minichini. A loro si unirono il generale Pepe e molti ufficiali e funzionari di governo, e il re giurò di osservare la costituzione spagnola a Napoli. Il movimento si diffuse in Piemonte, e Vittorio Emanuele si dimise dal trono in favore di suo fratello Carlo Felice. Fu solo grazie all’intervento dell’Austria. I carbonari continuarono segretamente la loro agitazione contro l’Austria e i governi in relazione amichevole con essa. Formarono una Vendita. Papa Pio VII emise una condanna generale della società segreta dei Carbonari. L’associazione perse la sua influenza per gradi e fu gradualmente assorbita nelle nuove organizzazioni politiche che sorsero in Italia; i suoi membri si affiliarono soprattutto alla “Giovane Italia” di Mazzini. Dall’Italia, l’organizzazione fu portata in Francia dove apparve come la Charbonnerie, la quale, fu divisa in versi. I membri erano particolarmente numerosi a Parigi. Anche in Francia lo scopo principale dell’associazione era politico, cioè ottenere una costituzione in cui potesse trovare espressione la concezione della sovranità del popolo. Da Parigi, il movimento si diffuse rapidamente in tutto il paese, e fu la causa di diversi ammutinamenti tra le truppe; perse la sua importanza dopo l’esecuzione di diversi cospiratori, soprattutto perché scoppiarono dei litigi tra i capi. La Charbonnerie prese parte alla Rivoluzione del 1830; dopo la caduta dei Borboni, la sua influenza diminuì rapidamente. Dopo questo, una Charbonnerie démocratique si formò tra i repubblicani francesi; dopo il 1841, non se ne seppe più nulla. I carbonari si trovavano anche in Spagna, ma il loro numero e la loro importanza erano più limitati che negli altri paesi romanzi.
Nel 1830, i carbonari presero parte alla rivoluzione di luglio in Francia. Questo diede loro la speranza che una rivoluzione di successo potesse essere messa in scena in Italia. Un tentativo a Modena fu un totale fallimento, ma nel febbraio del 1831, diverse città dello Stato Pontificio insorsero e sventolarono il tricolore carbonaro. Una forza di volontari marciò su Roma ma fu distrutta dalle truppe austriache che erano intervenute su richiesta di Papa Gregorio XVI. Dopo le fallite rivolte del 1831, i governi dei vari stati italiani diedero un giro di vite ai Carbonari, che ora praticamente cessarono di esistere. I membri più astuti si resero conto che non avrebbero mai potuto affrontare l’esercito austriaco in battaglia aperta e si unirono a un nuovo movimento, la Giovane Italia, guidato dal nazionalista Giuseppe Mazzini. Indipendenti dai filadelfi francesi furono invece l’omonimo gruppo carbonaro nato nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e nel Cilento, tra il 1816 e il 1828. Nel Cilento, nel 1828, un’insurrezione di Filadelfia, che chiedeva il ripristino della Costituzione napoletana del 1820, fu ferocemente repressa dal direttore della polizia borbonica Francesco Saverio Del Carretto: tra le atrocità, si ricorda la distruzione del villaggio di Bosco.
Questa sconfitta fece capire a molti carbonari (come Giuseppe Mazzini, uno dei più acuti capi carbonari) che militarmente, soprattutto se soli, non potevano competere con l’Austria, una delle maggiori potenze del Vecchio Continente. Fondarono una nuova società segreta chiamata Giovane Italia in cui molti membri avrebbero rintracciato le loro origini e la loro ispirazione ai Carbonari. Declinando rapidamente in influenza e membri, i Carbonari cessarono praticamente di esistere, anche se la storia ufficiale di questa importante società era continuata, stancamente, fino al 1848.