Le citazioni preferite di John F. Kennedy: Dante’s Inferno

Una delle citazioni preferite del presidente Kennedy era basata su un’interpretazione dell’Inferno di Dante. Come Robert Kennedy spiegò nel 1964, “La citazione preferita del presidente Kennedy era in realtà da Dante, ‘I posti più caldi dell’Inferno sono riservati a coloro che in tempo di crisi morale conservano la loro neutralità'”. Questa presunta citazione non si trova in realtà nell’opera di Dante, ma è basata su una citazione simile. Nell’Inferno, Dante e la sua guida Virgilio, sulla loro strada verso l’Inferno, passano accanto a un gruppo di anime morte fuori dall’ingresso dell’Inferno. Questi individui, quando erano vivi, sono rimasti neutrali in un momento di grande decisione morale. Virgilio spiega a Dante che queste anime non possono entrare né in Paradiso né all’Inferno perché non hanno scelto una parte o l’altra. Sono quindi peggiori dei più grandi peccatori dell’Inferno perché sono ripugnanti sia a Dio che a Satana, e sono stati lasciati a piangere il loro destino di esseri insignificanti, né acclamati né maledetti in vita o in morte, che travagliano senza fine sotto il Paradiso ma fuori dall’Inferno. Questa scena si verifica nel terzo canto dell’Inferno (la seguente è una traduzione dall’originale scritto in volgare italiano):

Qui sospiri e lamenti e forti grida
riecheggiavano attraverso l’aria senza stelle,
così che, appena partito, piansi.

Strani discorsi, orribili pronunciamenti,
accenti d’ira, parole di sofferenza,
e voce stridula e svenevole, e mani che battevano –

tutto andava a fare un tumulto che vorticherà
per sempre in quell’aria torbida e senza tempo,
come la sabbia che mulina quando vortica un vento.

E io – la mia testa oppressa dall’orrore – dissi:
“Maestro, cos’è che sento? Chi sono
quelle persone così sconfitte dal loro dolore?”

E lui a me: “Questa miserabile via
è presa dalle anime dispiaciute di coloro
che vissero senza disonore e senza lode.

Ora si mescolano con gli angeli codardi,
la compagnia di coloro che non erano ribelli
né fedeli al loro Dio, ma se ne stavano in disparte.

I cieli, affinché la loro bellezza non sia diminuita,
li hanno scacciati, né il profondo inferno li riceverà –
anche i malvagi non possono gloriarsi di loro.”

E io: “Cos’è, maestro, che opprime
queste anime, costringendole a gemere così forte?”
Egli rispose: “Te lo dirò con poche parole.

Quelli che sono qui non possono riporre alcuna speranza nella morte,
e la loro vita cieca è così abietta che
sono invidiosi di ogni altro destino.

Il mondo non lascerà durare la loro fama;
la giustizia e la compassione devono disdegnarli;
non parliamo di loro, ma guardiamo e passiamo.”

E io, guardando più da vicino, vidi uno stendardo
che, ruotando, correva avanti – così veloce
che ogni tregua sembrava inadatta ad esso.

Dietro quello stendardo seguiva una lunga fila
di persone – non avrei mai creduto
che la morte avesse potuto disfare così tante anime.

Dopo averne identificati alcuni,
vidi e riconobbi l’ombra di colui
che fece, per viltà, il grande rifiuto.

Subito compresi con certezza:
questa compagnia costringeva i codardi,
cattivi verso Dio e verso i suoi nemici.

Questi miserabili, che non erano mai stati vivi,
sono andati nudi e sono stati punti ancora, ancora
dai tafani e dalle vespe che li circondavano.

Gli insetti strizzavano i loro volti con il loro sangue,
che, mischiato alle loro lacrime, cadeva ai loro piedi,
dove veniva raccolto da vermi nauseabondi.

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